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La paura per l’intrattenimento e il piacere

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di Andrea Patassini

Come si approccia la scuola alla letteratura? E come reagiscono di solito i ragazzi? Solitamente quando in aula bussano alla porta I promessi sposi è difficile collezionare un numero cospicuo di espressioni incuriosite o sguardi vispi. Gli studenti sanno che prima o poi passeranno per Manzoni, lo sanno perché probabilmente glielo hanno raccontato quei fratelli o sorelle maggiori, amici più grandi o i loro stessi genitori. Sanno che la storia di Renzo e Lucia abiterà per qualche tempo la loro classe, funziona così, da sempre. Mettendo da parte stupore e interesse, gli studenti affronteranno I promessi sposi come una cosa che la scuola ti chiede di studiare, prima ancora che apprezzare in quanto storia. Non è sempre così. C’è chi riesce far a scivolare tra le pieghe dello studio curiosità e interesse, grazie all’opportunità di confrontarsi con un insegnante capace di produrre e proporre i colori e soprattutto il piacere per le storie.

Attenzione, tenetevi forte perché ho pronunciato la parola piacere riflettendo sulla scuola, in particolare sulla didattica dedicata alla letteratura. E per non farmi mancare nulla, ci aggiungo anche la parola intrattenimento, perché leggere è anche una splendida pratica di intrattenimento. A questo punto se mescolo un po’ le due parole, ecco che ho tra le mani una miscela esplosiva: possono i libri, più in particolare i romanzi che passano tra i banchi di scuola provocare piacere e intrattenere?

Mappe_e_leggendeLa parola intrattenere può essere intesa come un reciproco sostenersi tra due soggetti: chi intrattiene e chi offre attenzione. Tra i due avviene uno scambio per nulla banale, un gesto che provoca per forza di cose un contatto. Così avviene per la letteratura, c’è chi scrive e chi legge e tra questi due nasce una relazione preziosissima. Queste cose che ho scritto, quelle sul concetto di intrattenimento, mi sono giunte attraverso la lettura di un bellissimo saggio, Mappe e leggende di Michael Chabon; e quelle che tra poco scriverò, riguardo al piacere, provengono sempre dalle riflessioni pubblicate nel libro dello scrittore americano. Però prima di farvi conoscere un po’ più da vicino altre idee di Chabon vorrei sottolineare un problema, quello che a scuola la relazione tra autore e lettore spesso e volentieri viene lasciata appassire a favore dei meccanici e ripetitivi approcci alla letteratura. Sono logiche fredde, che non invogliano e non trascinano nei meandri delle storie, ma che chiedono di fermarsi alle lettura delle piccole targhette poste accanto ai libri, come se si passasse in rassegna una serie di opere collezionate in un museo. Ecco, come promesso poco fa, è bene provare a capire qualcosa in più delle idee di Chabon, e lo possiamo fare provando a capire come intendiamo il secondo elemento esplosivo di cui sopra, ovvero il piacere:

Inevitabilmente, a un certo punto, mentre generazioni di anfitrioni intrattenevano generazioni di ospiti con banchetti, festini e spettacoli ingegnosi, l’idea del piacere si infiltrò nei pori della parola. E con il piacere (suppongo altrettanto inevitabilmente) arrivarono la disapprovazione, un senso di vacuità e di vaga nausea, la saturnina incertezza associata al diletto, all’artificio e allo spettacolo: al piacere, questo dono ambiguo. È in parte l’incertezza del piacere a macchiare la reputazione dell’intrattenimento. Il piacere è inaffidabile e caduco. È Lucy Brown che finge di tenere fermo il pallone da football a Charlie Brown. Il piacere si può facilmente sintetizzare, produrre su scala industriale, incartare singolarmente. I suoi benefici non perdurano, e dunque arriviamo a diffidarne, o a diffidare del gusto che ne proviamo.

don rogrigoL’Intrattenimento e il piacere sono due elementi fondamentali per immergersi nelle letture. Sono oltretutto i due elementi che mantengono viva la voglia di leggere storie e di scoprirne altre ancora. Eppure la scuola tende a marcare il confine tra studio (quindi dovere) e intrattenimento (quindi piacere), le due cose non possono incontrarsi. Così, oltrepassati i confini fisici delle aule, i ragazzi vanno a nutrirsi di storie. Sì esatto, di storie. Chi se lo sarebbe mai aspettato il dato offerto dall’AIE che indica come la percentuale di lettori tra i dodicenni si attesta al 63% e rientra in una dinamica che vede negli ultimi venti anni un costante aumento della fascia di lettori che va dagli zero ai dodici anni? Così si scopre che al di fuori delle scuole i ragazzi leggono, vivono storie, mescolano medium alla ricerca delle trame più coinvolgenti, spesso e volentieri per nulla banali e che fungono da mondi entro i quali scoprire la loro età fatta da tante, differenti e intrecciate sensazioni. Libri-saga che offrono veri e propri mondi narrativi, videogame dalle trame complicatissime e ricche di dettagli e approfondimenti e poi manga, serie televisive, giochi di ruolo e molto altro ancora, è la dieta narrativa di molti di quegli studenti che vivono le scuole, dieta fatta di intrattenimento e piacere per le storie. Come fare allora per far apprezzare le vicende di Renzo e Lucia? (Ornella Martini, su questo blog, racconta in un post la forza e l’attualità di un’opera del genere che però, appunto, perde la sua carica narrativa tra le impalcature didattiche). C’è da rimboccarsi le maniche e provare a far entrare in aula quei due elementi già citati più volte. Ad esempio, proprio in riferimento al romanzo I promessi sposi, un’idea potrebbe essere quella di reintegrare le immagini che caratterizzavano l’opera originale, immagini ancora oggi epurate dal romanzo che si offre allo studio dei ragazzi. E infine dobbiamo porre al centro della nostra riflessione quegli elementi che Chabon considera essenziali:

[...] l’intattenimento – per come io lo definisco, piacere compreso – rimane l’unico modo sicuro che abbiamo per superare, o almeno illuderci di aver superato, l’abisso di coscienza che ci separa gli uni dagli altri. La migliore risposta a chi vorrebbe svilirlo e sfruttarlo consiste non nello screditare o ripudiare, bensì nel rivendicare l’intrattenimento come un’occupazione degna degli artisti e del pubblico, uno scambio equo di attenzione, di esperienza e della fame universale di rapporti umani.



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